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giovedì 21 luglio 2011

Terremoto

Domenica 17 luglio, ore 20.30 circa. Gambe sotto il tavolo sto affrontando un impegnativo piatto di pasta fredda, quando un tremore improvviso mi sposta piatto e bicchiere di cinque centimetri buoni.

"L'hai sentito?" chiedo a mia moglie.
"Sentito cosa?" risponde lei, sollevando lo sguardo dal tristissimo tortino agli spinaci ipocalorico e iposodico che la dieta ferrea che sta seguendo le permette.
"Il terremoto." faccio io, alzandomi ed andando alla finestra. Non sono un grande esperto di terremoti, ma mi ricordo quello del Friuli del 1976. Allora, il lampadario della cucina ondeggiava come un'altalena, nonostante vivessi al primo piano. Oggi, al sesto, non si muove una foglia. Quindi, o è stato di lieve entità o l'epicentro è lontanissimo, o entrambe le cose.
"Ah, quello? Sì l'ho sentito ma non ti ho detto niente, pensavo fosse la mia pressione ballerina... Sai com'è, in questi giorni mi capita spesso che la stanza mi giri intorno". 

Perfetto. Una moglie incinta al nono mese dallo svenimento facile e un terremoto. Mancano giusto giusto le locuste e poi abbiamo fatto l'en plein.

Vabbè, vediamo se la tv ci dice qualcosa. Rai1, no, c'è una replica del Festival di Sanremo del 1954, Rai2 nemmeno, c'è l'ispettore Derrick, Mediaset non ci proviamo neanche, al limite c'è Fede che insulta i comunisti, forse Sky TG 24? Nemmeno, troppo impegnati con il carospiaggia e con la campagna acquisti dell'Inter.

Ok, calma. Come risolverebbe il problema una nativa digitale? Facile. Internet, Facebook e Twitter. Ed in effetti, in pochi secondi, una visita al sito dell'istituto di geofisica e vulcanologia ed una rapida ricerca per l'hashtag #terremoto confermano che sì, c'è stata una scossa sismica nel rovigino, tanto lieve da non aver provocato danni a persone o cose.


Niente di cui preoccuparsi insomma, non dobbiamo dormire in strada questa notte. Peccato che i media tradizionali, anche quelli più orientati alle notizie, comunichino il terremoto solo tre/quattro ore dopo.


Il mondo è cambiato ragazzi. Giulia ci avrebbe pensato subito, ad internet, io ci sono arrivato per esclusione. Mio padre, probabilmente, avrà letto la notizia il mattino dopo sul Corriere della Sera.


Sarà complicato imparare a pensare come una nativa digitale. Ma sarà anche bellissimo.

mercoledì 13 luglio 2011

Braxton Hicks

Chi era costui?

Il signor (o meglio: il dottor) Braxton Hicks era un medico inglese che nel 1872, studiando l'ultimo trimestre di gravidanza, identificò in parecchie donne quelle che definì "false contrazioni", e che oggi, appunto, si chiamano anche contrazioni di Braxton Hicks.

Bene. Bello. Oggi ho imparato qualcosa. E chissenefrega non vogliamo dirlo?

No, non vogliamo, perchè le suddette contrazioni, la cui intensità varia da donna a donna (alcune non le avvertono nemmeno, altre le avvertono, eccome se le avvertono...) sono quelle che ti fanno saltare giù dal letto in piena notte un mesetto buono prima del termine e afferrare alla cieca la valigia per l'ospedale.

Poi però ti ricordi vagamente (sono le quattro del mattino ed è vero che ti sei alzato, ma alzarsi e svegliarsi sono due concetti abbastanza diversi tra loro) di aver letto da qualche parte che in ospedale ci si va solo quando le contrazioni si susseguono ogni 10 minuti ed hanno una durata di 40-50 secondi ciascuna. Se ci vai prima ti rispediscono a casa di corsa ed è possibile che parta anche qualche coretto di scherno.

Quindi la tua mente ancora annebbiata ferma il movimento delle gambe che, da sole, stanno conducendo tutto il corpo (valigia compresa) verso la porta di casa ed inizia a riflettere su come fare a determinare durata e frequenza della contrazoni. 

Una cosa decisamente da non fare in questi casi è sorridere e chiedere alla tua compagna/moglie, raggomitolata sul letto in posizione fetale "Tesoro, scusa, da quanti secondi sei contratta?". La poveraccia,  che sta cercando di decidere se le fa più male la schiena, la pancia o se è più preoccupata dell'imminente parto, potrebbe rispondere in modo non propriamente urbano, insultando te ed allargando in pochi secondi l'invettiva a tutto il genere maschile.

Il geekpapà, che pensa a tutto, ha pronta un'app anche per questa evenienza: ibirth, che aldilà dell'approccio molto New Age contiene un utilissimo contatore di contrazioni, in grado di riassumere durata e frequenza in un comodissimo grafico da mostrare al dottore non appena arrivati in ospedale.

Continuo a chiedermi come abbia fatto l'umanità ad evolversi prima di questi gioiellini...


lunedì 11 luglio 2011

Manca un mese...

Oggi manca un mese alla data presunta di nascita di Giulia. Il che, in altri termini, significa che ogni giorno è buono. Ogni telefonata potrebbe essere quella che mi scaraventa in auto in direzione dell'ospedale, conscio del fatto che correre non serve a niente, visto che in genere per la nascita del primo figlio si aspettano fino a ventiquattro ore, ma incapace lo stesso di prendermela comoda.

La valigia per l'ospedale è pronta, il percorso casa-clinica (non molto distanti per la verità) è già stato lungamente provato in allenamento e in ogni condizione di traffico, passeggino e culletta aspettano dal ripostiglio di entrare in scena.

Quindi, sono pronto? Assolutamente no. Un po' per scaramanzia, un po' per incoscienza, non riesco a rendermi conto che tra qualche settimana ci troveremo in casa un esserino indifeso e totalmente dipendente da noi, che arriverà sprovvisto di manuale d'istruzioni.  

E' vero, non siamo i primi genitori della storia, qualcuno l'ha già fatto prima di noi, ma fifa e senso di responsabilità iniziano a mescolarsi, alimentandosi vicendevolmente.

Visto che Giulia avrà un geekpapà, per cercare di ricondurre l'ignoto a qualcosa che conosco molto bene, mentre mamma e nonna si dilettavano in copertine, tutine e vestitini ricamati, sono andato alla caccia di qualche baby oriented app per il mio fido Iphone, e ne ho scovata una che non vedo l'ora di usare: Totalbaby, che permette di registrare e gestire una serie quasi infinita di parametri: poppate, periodi di sonno/veglia, bagnetti, cambio pannolini ecc.

Certo, il classico quadernetto con gli appunti presi a mano è molto più romantico, ma quale miglior inizio per una nativa digitale?
 

mercoledì 6 luglio 2011

Sembra Ieri

Sembra ieri. Sembra ieri che, tornato a casa da una normale giornata di lavoro, ho trovato mia moglie, in accappatoio, capelli bagnati e spettinati, un'espressione a metà tra il felice ed il terrorizzato.
"Di là c'è un termometro che dice una cosa...", mi dice senza nemmeno salutare.
"Hai la febbre?" La mia risposta. Una risposta da vero maschio, che fa della logica il primo scoglio al quale aggrapparsi e collega termometro a febbre. Una risposta di buon senso, insomma.

Ma, ovviamente, una risposta sbagliata.

Il termometro in realtà era un test di gravidanza, e la cosa che diceva era che di lì a nove mesi (pardon, quaranta settimane, come ho avuto modo di apprendere successivamente) saremmo diventati genitori.

Da allora sono passati quasi otto mesi, ed il momento fatidico si avvicina. La picola Giulia dovrebbe arrivare a metà agosto, anche se ormai ogni giorno è buono, ed io mi sono reso conto di un po' di cose.

Mia figlia avrà la possibilità di vedere il 2100, che per me è una data da film di fantascienza, ma fantascienza pesante, tipo Star Trek, con viaggi interstellari, smaterializzazione e velocità curvatura.

D'altro canto non conoscerà mai l'odore che ha il vinile di un LP (sigla di cui ignorerà totalmente il significato) appena acquistato, non infilerà mai un ditino in una rotella di un telefono ad impulso, non abbasserà mai il finestrino di un'auto girando la manovella, non si perderà mai in una strada di campagna per aver sbagliato a leggere una cartina.

Giulia guiderà auto elettriche, abiterà in un mondo di case domotiche con enormi schermi 3D perennemente collegati al mondo grazie a connessioni internet a banda larghissima ed andrà a scuola col tablet nella cartella.

Il suo mondo sarà un mondo iperconnesso, pieno zeppo di dati, di informazioni, di stimoli.


Giulia sarà una nativa digitale.